Sintesi dell’intervento di Christian Ferrari

Data di pubblicazione: 16 febbraio 2023

Con un tono molto appassionato che ha marcato la responsabilità del movimento sindacale in questa fase politica e sociale, il segretario confederale della Cgil Christian Ferrari ha concluso il V congresso della FLC.

Introducendo le sue considerazioni su alcune delle tematiche emerse nella discussione, Ferrari ha voluto sottolineare l’importante percorso democratico della vicenda congressuale della Cgil che si concluderà a Rimini i primi di marzo con la partecipazione alle assemblee di oltre un milione e mezzo di iscritti, un dato che stride con le percentuali di astensionismo alle elezioni, il cui picco in basso è stato raggiunto alle ultime regionali.

La disaffezione dei cittadini al voto, frutto di sfiducia, nella convinzione che chiunque vinca non cambi nulla è un gravissimo campanello d’allarme. In una situazione in cui banche, gruppi finanziari, potentati privati, categorie di professionisti aumentano i profitti concentrando ricchezze, mentre lavoratori e pensionati, categorie fragili perdono potere d’acquisto e si impoveriscono. Preoccupante, secondo Ferrari, è che il peggioramento di tante situazioni personali venga vissuto con rassegnazione e ineluttabilità. Da qui la responsabilità del sindacato di dare un messaggio diverso con iniziative e mobilitazioni che indichino un’alternativa.

La destra al governo, forte nei numeri, anche se non è maggioranza nel paese, si muove al momento senza avversari né opposizione. E lancia una sfida a tutto tondo anche culturale e ideologico per imporre una nuova egemonia e affermare un modello istituzionale di tipo autoritario e aziendalista. E lo fa anche attraverso una manipolazione del linguaggio, ad esempio sostituendo la parola “disoccupato” con “occupabile”, mistificando la realtà dei fatti, e con politiche sociali marcatamente di classe che mettono tra loro in competizione le fasce più deboli della popolazione, creando un nuovo senso comune sulla precarietà e sulle debolezze sociali, vissute quasi come destino o colpa di chi le subisce.

Sarà la dura realtà a scontrarsi con la visione ottimistica del governo. Quando sarà chiaro che la legge di bilancio non copre le varie emergenze e il PNRR resta impantanato, le si sentiranno le conseguenze di una crisi di fronte alla quale l’Europa è impreparata, schiacciata tra l’offensiva tecnologica della Cina e la concorrenza sleale USA, senza la capacità di reagire unitariamente.

Anche nel confronto nelle istituzioni europee l’Italia ha ottenuto poco o niente, giusto il contentino di un po’ di flessibilità e qualche muro contro gli immigrati. Di fronte all’assenza di soluzioni e risposte strutturali, su cui – dice Ferrari – anche questa maggioranza ha attivato il “pilota automatico”, sul solco delle precedenti, il governo cerca strade plebiscitarie, dalla autonomia differenziata al presidenzialismo in un disegno di stravolgimento del modello istituzionale delineato dalla Costituzione. Ferrari chiama a una grande mobilitazione contro questo progetto che coinvolga soggetti diversi, che costruisca alleanze più larghe sul territorio e tra la gente. Una mobilitazione che non sia solo di opposizione ma che costruisca proposte alternative e stimoli la voglia di partecipare e la speranza al cambiamento. Ferrari si è soffermato sulla pericolosità del disegno di legge Calderoli e dei divari sociali che aumenterà. Si è soffermato sull’assurdità della devoluzione alle regioni di materie strategicamente rilevanti che rischiano di minare la coesione e l’identità nazionale e addirittura confonderne l’identità. Un no netto alla regionalizzazione dell’istruzione, come battaglia non solo di categoria, ma tutta la Cgil. I rischi sono tanti non solo sul versante istituzionale, culturale, sociale ed economico, ma anche per la permanenza della contrattazione collettiva nazionale nella regolazione dei rapporti di lavoro.

Di fronte a un governo che, inoltre, pur avendo aperto tanti tavoli di confronto col sindacato e le parti sociali, non si rende disponibile a nessuna trattativa sulle piattaforme presentate, la CGIL deve lanciare la sfida sul piano del consenso e della rappresentanza. E qui ha toccato il tasto dolente dell’assenza di una rappresentanza politica del lavoro, con una crisi e regressione senza precedenti del pensiero progressista. Proprio per questo ha rimarcato la responsabilità della Cgil a rappresentare anche politicamente il mondo del lavoro e chiudere questa frattura, senza sostituirsi ai partiti, ma con l’autonomia caratteristica del movimento sindacale, a cui non spetta fare opposizione politica, ma trasformare il disagio sociale in proposta e incidere sulle scelte politiche. Obiettivo è modificare un modello di sviluppo che sta mettendo a rischio la sopravvivenza della specie. Su questo terreno è molto importante il rapporto, il dialogo e il coinvolgimento delle nuove generazioni, molto sensibili alla crisi ambientale e non più disposto, ove possibile, come alcuni fatti di cronaca riportano, ad accettare un lavoro qualunque, magari sottopagato e sfruttato. Secondo Ferrari è possibile alimentare un discorso di speranza che le cose possano cambiare.

Infine sulla guerra. Ha ribadito il no deciso della Cgil all’aumento delle spese militari, che alimentano la distruzione dell’Ucraina e allontano qualunque ipotesi di fine del conflitto. L’Italia, come il resto d’Europa, sta pagando una tassa altissima per alimentare questa guerra. La Cgil invita alla mobilitazione contro la guerra e questa tassa.